Musei Civici d'Arte Antica

Dal 20 dicembre 1997 al 22 marzo 1998 viene esposta presso il Museo Civico Medievale, sesto appuntamento della rassegna "ospiti", una pregevolissima Madonna con bambino in pietra policroma attribuita a Benedetto Antelami il massimo scultore italiano attivo tra il XII e il XIII secolo, cui si deve anche la decorazione plastica del battistero di Parma. Una vera riscoperta non solo per il grande pubblico, ma anche per gli studiosi, in quanto la statua, raramente citata, è stata recuperata solo pochi anni fa in una nicchia di una parete dell’ antica abbazia cistercense di Fontevivo, presso Parma.
Strettissimi sono i rapporti tra questo ed altri esiti del "cantiere antelamico": la Madonna al centro del portale principale del battistero parmense, e la monumentale statua di eguale soggetto ed iconografia della cattedrale di Borgo San Donnino (oggi Fidenza).

L'iniziativa è stata organizzata dai Musei Civici d’Arte Antica nell’ambito di Bologna Biennale Arte Antiquaria, Mostra Mercato Internazionale d’Antiquariato promossa da ASCOM.
Dopo il successo dell'ultima edizione, i Musei Civici d'Arte Antica di Bologna si ripresentano a "Bologna Biennale-Arte Antiquaria" - la mostra mercato internazionale d'antiquariato promossa dall'ASCOM, che si terrà presso le fiere di Bologna dal 19 al 23 novembre 1997- con alcune proposte di grande interesse. Eugenio Riccòmini, Direttore dei tre musei bolognesi, ha selezionato appositamente per la mostra alcuni pezzi di grande pregio dalle raccolte del Museo Civico Medievale, delle Collezioni Comunali d'Arte e del Museo Davia Bargellini. Un'anteprima assoluta è il raro busto femminile in legno policromo del XVI secolo -- forse in origine una Madonna o Santa "da vestire" -- di probabile pertinenza meridionale. L'opera ha trovato naturale collocazione in un museo particolare come il Davia Bargellini, sorta di "emporio" delle arti applicate (e dunque anche della scultura), in cui le statuine settecentesche da presepe convivono con ritratti in cera, quadri con splendide cornici, mobili e curiosità di ogni tipo. Agli appassionati di armi antiche, il Museo Medievale propone invece tre opere del XVI secolo, di altissima qualità. Con il corsaletto "da piede" proveniente dall'Italia settentrionale (armamento difensivo che si distingueva per l'assenza di protezione per le gambe e per un particolare copricapo, la borgognotta, che lasciava libero il viso), saranno esposte una borgognotta tonda del tipo "da guardia papale", di grande impatto, eseguita a Brescia fra 1570 e 1590 ed una mazza d'arme con moduli decorativi caratteristici di Augsburg. Le Collezioni Comunali d'Arte, invece, presentano una Diana di Michele Desubleo, artista fiammingo del XVII secolo, che filtra la migliore tradizione del classicismo bolognese legato a Guido Reni attraverso una lucidità ottica di matrice nordica. A fianco, una coppia di tralci di vite del raro artista di origine modenese Francesco Malagoli, la cui "eccellenza" nei dipingere nature morte era grandemente apprezzata nell'ultimo quarto del XVIII secolo.

Quinto appuntamento della rassegna "ospiti": dal 28 giugno al 28 settembre 1997 le Collezioni Comunali d’Arte presentano Paesaggio con borgo e corso d’acqua e Paesaggio con chiesa di Bernardo Minozzi (1699-1769) e Paesaggio con ponte, corso d’acqua e rocca e Paesaggio con arco e casolare di Carlo Lodi (1701-1765).

Le quattro grandi tele risalgono al quinto decennio del secolo, il momento di maggior fortuna di Minozzi e Lodi, coetanei, amici e condiscepoli presso il pittore paesaggista bolognese Nunzio Ferraioli. E' questo il periodo in cui Bernardo Minozzi esegue anche grandi tempere e sovrapporte per l’ appartamento del gonfaloniere in Palazzo del Comune, in cui non mancano riferimenti ad episodi storici contemporanei. Le opere si inseriscono in uno dei capitoli più importanti della pittura bolognese del Settecento, innanzitutto perché appartengono a quel filone –la pittura di paesaggio— che, benché indagata magistralmente nei suoi tratti fondamentali in occasione della biennale bolognese dedicata nel 1979 alla "pittura del Settecento emiliano", attende ancora indagini specifiche volte a chiarirne l’importanza non solo a livello locale, ma nell’ampia diffusione extra-bolognese, presso corti italiane ed europee, che essa conobbe.
L’esposizione offre perciò anche l’ occasione per una messa a fuoco critica di un momento della vicenda artistica bolognese che si auspica possa proseguire in sedi maggiori, contribuendo a ricostruire la vicenda legata alla decorazione –con tele di soggetto paesistico di grande formato simili a queste – di ville e palazzi, secondo un gusto che da Bologna si diramò in tutta Europa. Vicenda ancora scarsamente nota per essere rimasta rinchiusa fra le pareti di dimore private ma di cui si intuiscono la dimensione e l’importanza attraverso la testimonianza delle fonti.

I musei Civici d’Arte Antica presentano la mostra "Il museo che non si vede. Cose belle e curiose dai depositi dei Musei Civici d'Arte Antica", allestita presso il Museo Civico Medievale. "Cose mai viste", è stato detto: escono infatti per la prima volta dai depositi, dopo un attento restauro, circa ottanta opere di grande pregio, insieme ad alcune nuove acquisizioni e doni, in attesa della definitiva collocazione presso le tre sedi dei Musei Civici d'Arte Antica di Bologna - il Museo Civico Medievale, il Museo Davia Bargellini, le Collezioni Comunali d'Arte.Tra le opere esposte si segnalano la Vergine costantinopolitana in mosaico (XII secolo), il prezioso trittico cinquecentesco con le Storie del Battista in smalto di Limoges collocato in origine nella Cappella Poggi in San Giacomo Maggiore, il grande cartone preparatorio per l'Adorazione dei pastori attribuito al fiammingo Pedro de Campana, i settecenteschi ritratti dei nobili "principi" dell'Accademia degli Argonauti, gli splendidi ovali di Ubaldo Gandolfi provenienti dalle "doti" degli istituti assistenziali cittadini, i due scenografici orologi bolognesi dei secoli XVIII-XIX, i rari strumenti musicali antichi, le ceramiche rinascimentali appartenenti alle collezioni del Museo Medievale (una delle più ricche d'Europa), i bronzi, le terracotte e gli stucchi. Una varietà di materiali che ripropone la tipologia specifica del "Museo Civico" quale è venuto definendosi nel corso del secondo Ottocento, come luogo di raccolta e conservazione di un patrimonio storico e artistico di interesse cittadino, senza preclusione gerarchica tra arti cosidette "maggiori" e "minori".

Presso il Foyer Respighi del Teatro Comunale di Bologna, in occasione delle rappresentazioni dell'opera Linda di Chamounix di Gaetano Donizetti, i Musei Civici d'Arte Antica e l'archivio storico del teatro presentano "Insegnare l'illusione. Ferdinando Bibiena e la didattica dell'architettura vera e finta", una esposizione dedicata a Ferdinando Galli Bibiena, appartenente alla famiglia dei famosi architetti e scenografi, cui si deve anche la progettazione del "Nuovo teatro pubblico" di Bologna (1697-1774, ad opera di Antonio Galli Bibiena). La scelta dei materiali esposti trae spunto dalla recente pubblicazione della ristampa anastatica di due volumi del Bibiena dedicati al disegno architettonico e prospettico (Direzioni a' giovani studenti nel disegno dell'architettura civile e direzioni della prospettiva teorica corrispondenti a quella dell'architettura), pubblicati a Bologna nel 1731 e nel 1732 e rivolti agli studenti dell'Accademia Clementina dell'Istituto delle Scienze. La ristampa, per i tipi dell'editore Forni, è promossa dalla neofondata "Accademia Galli Bibiena centro studi di scenografia", che in collaborazione con il Comune di Bibiena promuove il comitato delle città bibienesche --comprendente i comuni di Bibiena, Bologna, Lugo di Romagna, Mantova, Pavia-cui si debbono importanti iniziative scientifiche, come mostre e convegni sull'attività dei Bibiena, sulla scenografia e l'architettura teatrale.

Quarto appuntamento della serie "ospiti" con la scultura lignea raffigurane San Giovanni dello scultore lombardo Giovan Angelo Del Maino (documentato dal 1496 - 1536).
L'opera faceva parte di un disperso Compianto su Cristo morto, tipologie artistiche ma soprattutto devozionali particolarmente diffuse nel Quattro e nel primo Cinquecento in tutta l'Italia settentrionale. L'interpretazione da attore tragico di san Giovanni richiama da vicino non solo le Marie di Niccolò dell'Arca, in Santa Maria della Vita a Bologna, ma si avvicina alle asprezze delle incisioni di Mantegna, in particolare alla serie della Passione di Cristo.

Terzo appuntamento del ciclo Incontri & arrivi con il dipinto di Felice Giani (1758-1823) Maddalena penitente (olio su carta riportata su tela, cm.40,7x 56,4), di recente acquistato dai Musei Civici d' Arte Antica.

L' opera documenta un aspetto poco conosciuto dell' attività di questo protagonista dell'età neoclassica, grande ed attivissimo decoratore di interni radicato nella cultura cosmopolita di Roma, dove insieme ad Ingres decorò il palazzo del Quirinale in occasione dell' arrivo di Napoleone. A lungo attivo in Emilia, rimangono della sua frenetica attività palazzo Milzetti a Faenza, uno dei suoi capolavori, e la decorazione (1810-11) del palazzo bolognese del conte Ferdinando Marescalchi, aristocratico illuminista e filofrancese e grande collezionista d'arte.

Pochissimi sono i suoi dipinti da cavalletto: la Maddalena in esposizione rappresenta quindi una rarità, a metà strada tra lo studio ed il quadro finito, libera reintepretazione del quadro col medesimo soggetto del pittore fiorentino del Seicento Francesco Furini, oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna (secondo un processo di riappropriazione del passato che aveva portato il pittore a costituire nel corso della sua vita un vero e proprio archivio dei grandi maestri).

L' uso espressionista dei bianchi ed il non fino del fondo che fanno di questo dipinto un' apertura in direzione dell'Ottocento romantico.

Dal 9 novembre 1996, le Collezioni Comunali d' Arte presentano Teti immerge Achille nelle acque dello Stige di Donato Creti, secondo appuntamento del ciclo Incontri & arrivi. L' opera, appartenente ad una collezione privata, è la versione, in formato minore, della tela di più grande formato e con il medesimo soggetto, facente parte della serie di diciotto "quadri da stanza", donata al Senato cittadino nel 1745 da Marco Antonio Collina Sbaraglia sulla base del legato del celebre anatomista Girolamo Sbaraglia, ed oggi esposta nella Sala Vidoniana.