Museo del Patrimonio Industriale

Museo del Patrimonio Industriale

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Via della Beverara, 123
40131 Bologna
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fax 051.63.46.053

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Storia del Museo

Sei secoli di storia produttiva dentro ad una fornace

Il progetto scientifico del Museo affonda le sue radici negli studi di Luigi Dal Pane prima, Carlo Poni e Alberto Guenzi poi, sull’identità industriale di lungo periodo di Bologna: una capitale europea della proto industria serica che dopo un drammatico e irreversibile declino alla fine del Settecento, crea nel secolo successivo i presupposti di un nuovo modello di sviluppo basato su formazione e innovazione. In questo processo un ruolo strategico è stato svolto dalla formazione tecnica attraverso l’Istituto Aldini Valeriani, la scuola che ha formato generazioni di artigiani, tecnici, capi-officina, imprenditori, a loro volta protagonisti dello sviluppo industriale di Bologna nel Novecento.

 

L’idea di un Museo dedicato all’identità industriale di Bologna

Sino alla fine degli anni 1970 mancavano studi, ricerche e riferimenti scientifici sull’intreccio esistente tra scuola tecnica e sviluppo industriale del territorio. Al tema venne dedicata la mostra Macchine Scuola Industria dal mestiere alla professionalità operaia (sala ex Borsa 1980) voluta dall’Amministrazione Comunale che gestiva da oltre 150 anni l’Aldini Valeriani, e che va considerata il punto di avvio dell’esperienza del Museo. In quell’occasione vennero approfonditi gli elementi che facevano dell’Aldini un unicum nel panorama italiano: il forte legame esistente tra città e formazione tecnica, l’identità comune degli ex Aldiniani, che una volta diplomati, avevano sentito il bisogno di continuare a mantenere vivi i legami nati nelle aule scolastiche; i ricordi dei protagonisti, i materiali di archivio e le fotografie; infine lo studio delle collezioni storiche di macchine, degli apparati produttivi, delle strumentazione di laboratorio. Emergeva così un quadro preciso del percorso di sviluppo tecnologico dell’industria bolognese e una articolata riflessione sulla strategia di modernizzazione che il Comune aveva posto in atto attraverso politiche di formazione professionale.

 

Il Museo-laboratorio Aldini-Valeriani

L’apprezzamento del mondo scientifico e il successo di pubblico avuto dalla mostra indussero l’Amministrazione Comunale a non disperdere questa esperienza dando vita a un Museo-laboratorio Aldini-Valeriani Aldini collocato all’interno dell’Istituto Aldini Valeriani. L’obiettivo era proseguire l’opera di divulgazione e sperimentazione museografica e promuovere una attività educativa innovativa immediatamente apprezzata dalla comunità scolastica. Vennero individuati nuovi linguaggi espositivi, ricorrendo alla contaminazione tra allestimenti tradizionali, utilizzo di supporti audiovisivi, costruzione di modelli e apparati funzionanti. L’intervento più innovativo fu la produzione di modelli funzionanti di grande dimensione degli apparati produttivi che avevano caratterizzato l’antico setificio dei secoli XIV-XVIII. Importante per far conoscere il lavoro del Museo fu anche la sua partecipazione a esposizioni nazionali quali la XVII Triennale di Milano dedicato a “Il luogo del lavoro. Dalla manualità al comando a distanza” del 1986, La cultura delle macchine nel 1989 al Lingotto di Milano, Le seduzioni dell’artigianato, alla Fiera di Roma 1990

 

Il Museo del Patrimonio Industriale

Il 1 febbraio 1994 venne inaugurata la mostra Fare Macchine Automatiche. Storia e attualità di un comparto produttivo 1920-1990 che segnò un’ulteriore tappa nel processo di sviluppo del Museo. Il progetto culturale si allargò non solo alla formazione professionale, ma anche all’agire di questa nelle dinamiche economiche del territorio e più in generale nell’identità produttiva dell’area bolognese. Le metodologie museografiche consolidate vennero estese alle dinamiche più recenti della società industriale, ricercando collegamenti e rapporti con aziende, imprenditori e tecnici protagonisti dello sviluppo produttivo locale. Nel 1998, assunta la denominazione di “Museo del Patrimonio Industriale”, il Museo si trasferì nell’attuale sede della fornace da laterizi Galotti, ristrutturata, di fatto raddoppiando l’area espositiva. Grazie alla costruzione di una solida rete di relazioni con il mondo industriale si costituì la Associazione Amici del Museo del Patrimonio Industriale, che oggi conta l’adesione di oltre sessanta aziende. L’Associazione è un supporto operativo essenziale per il Museo svolgendo un ruolo di collegamento tra il mondo della produzione e dello sviluppo e quella della promozione di questi temi

 

Gli sviluppi del Museo

L’assetto attuale del Museo si è consolidato con progressive azioni di approfondimento e integrazioni delle collezioni a partire dalla mostra Prodotto a Bologna. Una identità industriale con cinque secoli di storia che nel 2000 ha riorganizzato per il 70% gli spazi espositivi. I numerosi percorsi di ricerca attivati hanno dato vita ad altrettante mostre di approfondimento, di volta in volta dedicate all’automazione, alla meccanica di precisione al biomedicale, alle vicende delle aziende storiche del territorio. La metodologia basata sulla interdisciplinarità, l’utilizzo di fonti diverse, di narrazione basate sui racconti dei protagonisti trova riscontro negli allestimenti, in cui macchine, modelli funzionanti, strutture video e informatiche restituiscono informazioni, suggeriscono approfondimenti e invitano a ritrovare i vari fili dello sviluppo industriale di Bologna.

 

La fabbrica del futuro

Il 13 marzo 2019 è stata inaugurata una nuova area espositiva denominata “La Fabbrica del Futuro”, in collaborazione con l’Associazione Amici del Museo del Patrimonio Industriale. Si tratta di uno spazio laboratoriale, multimediale e interattivo pensato per far conoscere le tecnologie e le tendenze dell'industria contemporanea. Nel sistema produttivo del futuro, la fabbrica diventa un nodo di interconnessione tra il mondo materiale e il mondo digitale, un luogo strategico e d’innovazione in cui si producono beni e servizi, sfruttando i vantaggi derivanti dall’enorme mole di dati che il cliente stesso offre, permettendo così di anticipare le richieste del mercato.

 

Il progetto “Moto Bolognesi”

Si tratta di un progetto particolarmente significativo, durato quasi vent’anni, che si è posto l’obiettivo di studiare, censire e documentare le origini, lo sviluppo e l’affermazione di uno dei comparti produttivi più interessanti e dinamici della città, quello del motociclistico, in un arco temporale che va dal 1920 al 1960. Partner essenziale per questa ricerca è stato il mondo complesso e variegato del collezionismo privato, caratterizzato da tante piccole raccolte personali e da collezioni strutturate e numericamente più consistenti. Su di loro il Museo ha potuto sempre contare per i prestiti dei materiali per le sette esposizioni realizzate tra il 2003 e il 2021 e, grazie al loro prezioso contributo, ha raccolto una significativa documentazione altrimenti non reperibili nelle istituzioni culturali locali. L’intero progetto ha potuto anche avvalersi delle insostituibili competenze tecniche e storiche di Enrico Ruffini, riconosciuto punto di riferimento per le ricerche in questo settore.