Museum of Industrial Heritage

Le vicende storico-economiche di una delle più importanti famiglie di mercanti di seta bolognesi evidenziano alcuni aspetti della committenza e del collezionismo cui gli Zagnoni ricorsero per affermare uno status nobiliare che ottennero, di fatto, intorno al 1730. L’indagine archivistica ha rilevato un gusto accentuato per la pittura bolognese del Seicento e per quella di historia più in generale, permettendo di ricollocare la perduta collezione all’interno del Palazzo signorile di Via Castiglione 25, restituendoci così anche una traccia evidente del loro enorme sforzo finanziario, compiuto tra fine Seicento e inizio Settecento, poco prima del definitivo crollo del mercato serico cittadino e dell’estinzione della famiglia stessa col marchese Giuseppe.

Lo zolfo ha rappresentato nell’economia della Romagna, ed in parti­colare del circondario cesenate, un elemento importante, soprattutto tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XX. L’attività solfifera mutò il paesaggio e il tessuto sociale dell’area. Numerosi furono i flussi miratori di maestranze e massiccia risultò essere la presenza di capitali e professionisti stranieri. L’epopea dello zolfo romagnolo entrata definitivamente in crisi, nei primi anni del Novecento cedeva il passo ai giacimenti statunitensi e a concorrenziali nuovi metodi di estrazione.

La riqualificazione dell’ex Campo di Marte è uno degli obiettivi prioritari del Comune di Venezia. L’area rappresenta una preziosissima risorsa per lo sviluppo edilizio della città storica ed è caratterizzata dalla presenza di importanti reperti archeologico-industriali che testimoniano l’insediamento nell’area, nel corso del XIX secolo, di numerose strutture e infrastrutture industriale: la Stazione Marittima, il Punto Franco i magazzini generali, i raccordi ferroviari, il cotonificio , l’acquedotto, la Manifattura Tabacchi, ma soprattutto l’Officina del gas.

Riflessione sul valore formativo dell’istruzione tecnica dove “fare” e “saper fare” si intrecciano strettamente per costruire conoscenze e competenze professionalizzanti. Negli Istituti Tecnici si coltiva e si sviluppa un umanesimo tecnologico che sul piano pedagogico ha la stessa dignità dell’umanesimo scientifico e di quello letterario.

L’omonimo Festival nato per iniziativa di Sergey Teterin a Perm nella Russia Ucralica nel 2003, città simbolo dell’industrializzazione sovietica, poi migrato in Scozia ha proposto agli artisti il compito di riflettere sul simbolismo della macchina, spogliandolo da ogni valenza funzionale. Né è emerso un contesto artistico in cui nuovi linguaggi espressivi e irriverenti hanno evidenziato le facce dell’ingenuità della macchina, letta essenzialmente come fenomeno estetico-culturale.

Nel 1986 il Museo del Patrimonio Industriale ha acquisito una parte dell’archivio fotografico che era stato della Fototecnica Artigiana (1685 lastre di vetro), poi confluito in quello della Fototecnica Bolognese, due ditte fondate nel secondo dopoguerra da quattro fotografi provenienti dallo Studio Villani. Le immagini, databili fine anni ’40-anni ’50, sono il frutto dell’attività della Fototecnica Artigiana nel campo della fotografia destinata ad un uso pubblicitario. Vengono documentati ambienti di lavoro (Cimatti, Farmac-Zabban, pastifici, fonderie, ecc.) ed una grande varietà di prodotti (motocicli, macchine utensili, impianti frigoriferi, radio, utensili, strumenti scientifici ed altro ancora) delle industrie locali, come pure gli aspetti promozionali (vetrine, laboratori, stand fieristici) di attività commerciali negli anni del cosiddetto miracolo italiano, uno dei momenti più significativi della storia economica e sociale nazionale. Ad un periodo precedente risale invece un piccolo nucleo di foto relative all’Istituto Aldini-Valeriani.

Frutto di incontri avvenuti tra il marzo 2004 e il maggio 2006 con ex allievi dell’Istituto Aldini Valeriani di Bologna che hanno frequentato questa scuola tra la fine degli anni Venti e l’inizio dei Trenta del secolo scorso, questa conversazione corale tocca temi quali la famiglia d’origine, l’ambiente della scuola, i ricordi sulla città dell’epoca, il lavoro, la crescita industriale, i percorsi professionali. Le testimonianze permettono di seguire e documentare un passaggio fondamentale, una fase nuova e delicata dello sviluppo dell’Istituto e del contesto produttivo dell’area bolognese. Dopo l’epoca dell’operaio meccanico di mestiere della fase pionieristica di fine Ottocento, cominciava quella industriale vera e propria del “perito” di metà Novecento. Ne emergono i valori propri di una cultura tecnica vissuta che possono essere ancora oggi utili per orientare le scelte di indirizzo scolastico dei giovani.

Nel 1986 il Museo del Patrimonio Industriale ha acquisito una parte dell’archivio fotografico che era stato della Fototecnica Artigiana (1685 lastre di vetro), poi confluito in quello della Fototecnica Bolognese, due ditte fondate nel secondo dopoguerra da quattro fotografi provenienti dallo Studio Villani. Le immagini, databili fine anni ’40-anni ’50, sono il frutto dell’attività della Fototecnica Artigiana nel campo della fotografia destinata ad un uso pubblicitario. Vengono documentati ambienti di lavoro (Cimatti, Farmac-Zabban, pastifici, fonderie, ecc.) ed una grande varietà di prodotti (motocicli, macchine utensili, impianti frigoriferi, radio, utensili, strumenti scientifici ed altro ancora) delle industrie locali, come pure gli aspetti promozionali (vetrine, laboratori, stand fieristici) di attività commerciali negli anni del cosiddetto miracolo italiano, uno dei momenti più significativi della storia economica e sociale nazionale. Ad un periodo precedente risale invece un piccolo nucleo di foto relative all’Istituto Aldini-Valeriani.