Gli amuleti nell'Antico Egitto
Il Museo di Bologna possiede una ricca collezione di oltre 2000 amuleti della quale sono esposti gli esemplari più significativi. Questi piccoli oggetti, molto diffusi nell’antico Egitto, erano indossati dai vivi per proteggersi dalle avversità ed erano collocati tra le bende delle mummie per garantirne l’integrità. La loro potenza e l’efficacia derivava in primo luogo dalla forma: rappresentano figure divine, animali, attributi divini o regali, parti del corpo umano, segni geroglifici, figure in miniatura. Un altro elemento particolarmente importante è il materiale con cui venivano realizzati: gli esemplari più ricchi sono in oro, e pietre dure come lapislazzuli, turchese, diaspri e corniole, mentre quelli più poveri sono in terracotta colorata, pasta di vetro e faïence verde o azzurra. Anche i colori aggiungevano valenza magica: il verde simboleggiava la vegetazione in primavera, l’azzurro l’acqua o il cielo, il rosso il sangue. La potenza degli amuleti poteva essere inoltre accresciuta dalla presenza di raffigurazioni e testi incisi o dalle formule magiche che erano pronunciate sopra di essi dai sacerdoti.
Informazioni aggiuntive
Tra le figure di divinità con funzione di amuleto si ricordano i pendenti che riproducno la dea Toeri, che riunisce nella sua figura parti anatomiche animali e umane: la testa da ippopotamo, le estremità degli arti a zampa di felino e il dorso da coccodrillo. La dea, caratterizzata da mammelle pendule, tipiche di ogni madre che allatta alungo i figli e dal ventre gravido, proteggeva la amternità, le nascite e le prime fasi della vita.
L'occhio udjat è simbolo di integrita e di unità: la sua forza magica deriva dal mito di Osiri e ricorda la lotta tra il figlio Horus e il fratello Seth per ereditare il dominio del dio sulla terra. Seth ferisce ad un occhio horus, poi risanato da Toth che gli restituisce la vista rendendo l'occhio nuovamente integro, in antico egiziano "udjat".
Prodotto soprattutto per il corredo funerario è l'amuleto a forma di segno geroglifico djed, la cui iconografia, antichissima, è incerta nel significato originario, ma che può essere tradotto con "stabilità", intendendo la stabilità della colonna vertebrale che consente al defunto di riacquistare, dopo la morte, nuovamente la posizione eretta.
Luogo: Collezione egiziana
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