E dopo il restauro, la diagnostica: la T.A.C. della mummia di Usai

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E dopo il restauro, la diagnostica: la T.A.C. della mummia di Usai

Dopo mesi di attente cure, il momento è finalmente giunto.
Concluse le operazioni di consolidamento e restauro sulle bende, per la mummia di Usai figlio di Nekhet e di Heriubastet (XXVI dinastia, 664-525 a.C.) è arrivato il momento della T.A.C.

Sostenuta da tutta l'équipe del Museo Archeologico (la responsabile della collezione egiziana Daniela Picchi, i restauratori Elena Cané, Rocco Ciardo e Angelo Febbraro, il custode del Museo Augusto Arrigo), monitorata dalla restauratrice di tessuti Cinzia Oliva e dal paleopatologo dell'Università di Zurigo Francesco Maria Galassi, la mummia è partita alla volta del Policlinico Sant'Orsola - Malpighi di Bologna. Qui è giunta, attesa come una stella dello spettacolo da giornalisti e telecamere.

Dopo la curiosa ma necessaria registrazione nel sistema informatizzato (ora anche Usai ha un codice fiscale), l'anomalo paziente è stato consegnato nelle mani dell'équipe di Rita Golfieri, direttrice dell'Unità Operativa di Radiologia del Policlinico.

La TAC ha evidenziato che il paziente è in discrete condizioni, ha quasi tutti i denti, scarsa artrosi, qualche calcificaizone ossea, dati compatibili con una persona di circa 50/60 anni di età. Le viscere sono state asportate al momento della morte, secondo la tradizione egiziana antica, e così il cuore. La colonna vertebrale presenta punti di spostamento, probabilmente dovuti alle operazioni post mortem. La lettura e l'elaborazione dei dati porteranno nelle prossime settimane ad un referto più dettagliato.

Ci vorrà infatti un po' di tempo per analizzare a fondo quello che la dottoressa Golfieri ha definito il paziente più anziano che le sia mai capitato di studiare.

Rassegna stampa: Repubblica Bologna; Carlino Bologna; Corriere di Bologna