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Dalla fine del Duecento Bologna era lacerata da una profonda contrapposizione tra i guelfi geremei e i ghibellini lambertazzi e, respingendo l’eventualità di una soluzione monocratica per tenere fede alla res publica in funzione antimagnatizia, il comune diretto dai guelfi non riusciva a mantenere un assetto stabile, né a consolidare uno spazio territoriale che andasse oltre al contado-diocesi. Pertanto la situazione, caratterizzata da una pericolosa spaccatura interna, aveva costretto i Bolognesi a confermare la propria adesione all’autorità papale con una sottomissione formale alla Chiesa che, accordata nel 1278, aveva favorito l’intervento fallimentare del legato Latino Frangipani e del rettore di Romagna Bertoldo Orsini, nipote di papa Niccolò III, poi l’intervento del legato Napoleone Orsini nel 1306 nel quadro di un più ampio programma di interventi ecclesiastici che avevano interessato innanzi tutto la Toscana, ma anche l’Umbria, le Marche e la Romagna. Fu proprio in questa occasione che anche papa Clemente V dalla Francia poté sperimentare la difficoltà di applicare il governo diretto su Bologna, vedendo i cittadini capaci di allontanare il legato e di accusarlo di parteggiare per i ghibellini. La potente città comunale, che si era affermata nel cuore del Duecento (e che almeno formalmente spettava al papa dai tempi delle donazioni carolinge), era diventata ora troppo debole per dominare, ma era ancora troppo forte per essere dominata stabilmente.
Mentre al volgere del secolo il suo istituto comunale a direzione guelfa intransigente sopravviveva riuscendo ancora a rilanciarsi come riferimento dei guelfi italiani alla pari di Firenze e della Napoli angioina, complessivamente la città non disponeva di mezzi sufficienti per imporsi in campo regionale, lasciando così un vuoto di potere che dai primi decenni del Trecento non poteva che diventare uno stimolo attrattivo per le ambizioni delle forze padane emergenti.
Il pericolo di perdere l’autonomia in seguito alla sconfitta subita a Zappolino nel 1325 ad opera di Passerino Bonacolsi, signore di Mantova e Modena, indusse i Bolognesi a consegnarsi nelle mani del cardinale legato francese Bertrando del Poggetto (1327-1334), che da papa Giovanni XXII in Avignone era stato mandato in Lombardia fin dal 1319 al fine di sconfiggere le forze signorili ghibelline dell’Italia centro settentrionale, riaffermare il controllo della Chiesa e riaprire la strada per il rientro a Roma della sede papale.