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La mostra è stata organizzata dal Consiglio Notarile di Bologna e dal Consiglio Nazionale del Notariato in collaborazione con l'Archivio di Stato e i Musei Civici d'Arte Antica nell'ambito delle "Celebrazioni Rolandiniane" per "Bologna Città Europea della Cultura del 2000".
E’ stato il fondatore del notariato moderno e i suoi testi, per secoli, hanno “dettato legge” in tutti i paesi del mondo in cui vigeva il diritto latino. Ma Rolandino (1215 - 1300) non è stato solo l’autore della celebrata “summa totius artis notarie” e grande maestro dello Studium bolognese, fu anche un politico che, in una Bologna attanagliata dalle continue contese fra le fazioni dei guelfi e dei ghibellini, pilotò il passaggio dei poteri dalla vecchia aristocrazia alla nuova borghesia colta, il “popolo”. Lo fece con piglio deciso, riuscendo a tenere saldamente in mano, per un decennio, il governo della città, creando anche una milizia popolare, la “società della croce”, di cui assunse il comando. Quando Bologna venne assegnata al papato, Rolandino uscì dalla scena politica per riprendere l’insegnamento universitario, in uno Studium che era intanto rinato e il cui prestigio, soprattutto nell’ambito giuridico, cominciava ad essere universale. Intanto le corporazioni delle Arti e dei Mestieri si erano affermate, assumendo un peso che nessun potere politico poteva scalzare più. La corporazione dei notai raggruppava ben 1300 aderenti ed era divenuta un fortissimo centro di potere, testimoniato visivamente anche dalla imponente sede che, unica fra quelle delle arti e professioni, sorgeva direttamente su piazza Maggiore.
Le quattro sezioni in cui si articola la mostra offrono una lettura sociale del Duecento, il secolo d’oro di Bologna e insieme evidenziano come imprenditoria e politica, in quel secolo, non fossero disgiunte dalla passione per la cultura. Era del tutto normale, ad esempio, che i notai si occupassero di poesia, per cui in moltissimi atti, accanto alle scritture ufficiali che registrano doti, passaggi di proprietà, lasciti testamentari, vengano annotati i versi dei poeti in voga al momento: Jacopo Lentini, Re Enzo, Guido Guinizelli, ma anche dei toscani Dante, Guido Cavalcanti, Cecco Angiolieri, Cino da Pistoia e, con la poesia in volgare, i versi di canzoni e filastrocche popolari. Accanto ai testi di Rolandino, nelle prime versioni manoscritte e miniate e nelle successive in incunabolo e a stampa, alle molte traduzioni internazionali e alle altre opere dei maestri giureconsulti dello Studium bolognese del tempo, la mostra documenta, attraverso l’esposizione degli splendidi statuti miniati, il peso ed il prestigio che ebbero in epoca comunale di corporazioni delle Arti e dei Mestieri.
La Bologna del Duecento rivive anche in antiche raffigurazioni e attraverso documenti di grande suggestione e, spesso, di non minore bellezza. Vengono esposti - alcuni per la prima volta - documenti dell’antico Comune bolognese e dell’Ufficio dei Memoriali. Completa la mostra un' indagine sulla figura politica di Rolandino, sezione, questa, simbolicamente chiusa dalla presentazione del calco della sua celebre arca.