Simone e Jacopo due pittori bolognesi al tramonto del Medioevo. 24 novembre 2012 - 3 marzo 2013

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Musei Civici d'Arte Antica-Istituzione Musei Civici organizzano un'importante esposizione, curata da Daniele Benati e Massimo Medica, che nasce dalla “fortunata” circostanza del deposito presso i Musei Civici d’Arte Antica, da parte di un privato collezionista, di due preziose tavole raffiguranti la Madonna con Bambino e la Crocifissione, rispettivamente di Jacopo di Paolo (documentato dal 1378 al 1426) e di Simone di Filippo, detto dei Crocifissi (documentato dal 1355 al 1399). Le due opere, esposte insieme ad altri dipinti su tavola ed a miniature provenienti da musei e collezioni private, vanno ad accrescere il già ricco nucleo di pittura  medievale presente all’interno delle Collezioni Comunali d’Arte e del Museo Davia Bargellini. L’esposizione costituisce quindi l’occasione per mettere a confronto le due diverse personalità artistiche: i due pittori bolognesi, cui è dedicata la mostra, furono infatti a capo di importanti botteghe, che dominarono la scena artistica locale durante la seconda metà del Trecento e, nel caso di Jacopo di Paolo, fino al primo Quattrocento. Simone, documentato come pittore a Bologna dal 1354 al 1399, è ancora attivo nel solco delle precedenti esperienze vitalesche, che restituisce in una versione robustamente dialettale; figlio del calzolaio Filippo di Benvenuto, viene ribattezzato Simone “dei Crocifissi” in epoca seicentesca, per l’abilità nel dipingere “immagini grandi del Redentore, per amor nostro confitto in croce” (Malvasia). La sua fase iniziale è testimoniata a metà degli anni cinquanta del Trecento dagli affreschi in parte firmati con le Storie di Cristo, provenienti dalla chiesa di Santa Maria di Mezzaratta, oggi conservati nella Pinacoteca Nazionale, dove l'interesse per le soluzioni spaziali e plastiche di origine giottesca fiorentina è riletto con una pungente espressività. La lezione della pittura di Vitale si coglie in maniera più incisiva in opere come il polittico n. 474, sempre alla Pinacoteca di Bologna, mentre tavole come la Pietà di Giovanni Elthinl (1368), qui esposta, e il Crocifisso di San Giacomo (1370), evidenziano l’aggiornamento sui modi solenni di Jacopo Avanzi, anche se alla ripresa letterale di Giotto, condotta da quest'ultimo, Simone preferisce immagini capaci di farsi più efficaci dal punto di vista devozionale grazie all’essenzialità della composizione e all’espressività semplice e immediata, come nella Madonna di Giovanni da Piacenza (1382) . Sono proprio queste prerogative a permettergli di raggiungere ben presto una posizione di primo piano in ambito bolognese, come autore di tavole sia destinate alle chiese cittadine che dipinte per l’uso devoto di singoli committenti.Anche Jacopo di Paolo agli esordi è attivo nel cantiere di Mezzaratta, dove affresca due Storie di Mosè, eseguite forse sulla base di idee di Jacopo Avanzi, in cui è evidente l’apertura alle nuove istanze del neogiottismo, che peraltro costituisce una costante del suo lungo percorso, non estraneo in ultimo perfino alle più immaginose sollecitazioni tardo-gotiche di Giovanni da Modena. Il forte senso plastico nelle figure e la razionalità dell’impianto spaziale, riscontrabili ad esempio in dipinti quali la piccola tavola con il San Giovanni Battista, di collezione privata, in deposito presso il Museo Davia Bargellini, la piccola pala con Madonna in trono, collezione privata, ora in deposito presso i Musei Civici d'Arte Antica, le tavolette con le Storie di Santa Margherita, già collezione Stramezzi, ora divise tra la Fondazione Longhi di Firenze e la Galleria Moretti, sono infatti frutto di una diversa e nuova riflessione sull’esperienza di Giotto, e divengono espressione di una più moderna consapevolezza che dimostra lo scarto generazionale fra Simone e Jacopo, pur essendo d’altro canto entrambi gli artisti in grado di ottenere un ampio risalto nell’ambito cittadino, come attestano, soprattutto per Jacopo di Paolo, gli importanti riconoscimenti ottenuti in campo pubblico. L’attività di quest’ultimo si rivela infatti assai versatile, essendo egli stato impegnato a vari livelli entro la diramata e fervida realtà politica e culturale della città, che in lui poté trovare un valido interprete. Prestigiose imprese decorative cittadine lo vedono all’opera, talvolta anche in collaborazione con scultori, come nel grande cantiere di San Petronio, avviato nel 1390, per il quale fornisce i disegni per le sculture nel basamento della facciata ed il progetto per le vetrate ed il polittico ligneo nella cappella dei Magi di Bartolomeo Bolognini.