Ultimi anni

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Il senso della geometria nelle composizioni di Morandi è una costante che si ritrova in tutte le tecniche da lui sperimentate. Negli acquerelli, che caratterizzano l’ultima stagione della sua produzione artistica, il colore liquido e quasi monocromo, steso secondo griglie geometriche accuratamente studiate, pur perdendo ogni valenza di contorno, esalta le forme e i volumi attraverso le diverse gradazioni tonali, dove anche il bianco si fa colore. Tutti gli elementi delle Nature morte della maturità – colore, forma, massa, luce, spazio, ombra e ambientazione – divengono poco più che suggestioni. Le sagome sfumano una dentro l’altra in una fusione di luci e colori. Ma l’oggetto rimane nella memoria dell’artista e sulla tela come forma stabile e primaria, elemento fondante di una poetica che mai prescinde dalla realtà. 
In questa sala, l’ultima Natura morta dipinta e firmata dall’artista rimase sul cavalletto come epilogo o possibile apertura a una nuova stagione, una composizione lineare e disadorna dove il rigore si fa poesia, la semplicità rivela l’essenza. Gli oggetti che Morandi utilizzò sono tuttora presenti sul tavolo di posa accanto al cavalletto nel suo studio in via Fondazza. Analogamente a Grizzana si trovano quei modelli che l'artista scelse per l'ultima composizione a cui egli si dedicò nell'ultimo suo soggiorno estivo. Anche questa Natura morta del 1963 è presente in questa sala accanto ad un disegno di analoga impostazione dove la luce smangia i contorni e il tratto rimarca le porzioni scure dell'oggetto del secondo piano in un accurato gioco di pieni e di vuoti.


Per saperne di più


NATURA MORTA, 1961 (V.1225) olio su tela
dal 14 novembre 2024 al 2 marzo 2025 l'opera è in prestito alla mostra "Giacometti Morandi. Moment immobiles" all'Institut Giacometti a Parigi

Questa natura morta, insieme a circa una ventina di altre tele, fa parte di una vasta e fortunata serie realizzata dall’artista tra il 1960 e il 1962. In queste composizioni protagonista assoluta è una grande brocca di latta, di cui semplicemente Morandi cambia l’orientamento, insieme ai barattoli colorati che le stanno attorno. Gli oggetti appaiono compatti e schierati come a proteggere la brocca che incombe su di loro. La vera novità di queste opere è senz’altro il colore del fondo, questo azzurro inedito, diverso dalle solite tinte brune e terrose dello studio di via Fondazza. Il motivo è dovuto al fatto che Morandi realizza queste tele in estate, nello studio della sua nuova casa sugli appennini, a Grizzana, ed è qui che grazie a quella luce scopre quel preciso punto di blu chiaro che diverrà lo sfondo dei suoi nuovi lavori.
PER SAPERNE DI PIÙ: Nella casa-studio di Grizzana ancora oggi su un tavolo di lavoro si possono vedere gli oggetti originali usati da Morandi come modello di queste tele. In particolare, i barattoli che lui stesso ridipingeva esternamente, di bianco, blu scuro e rosso salmone, erano barattoli di Ovomaltina, una polvere energetica nata in Svizzera e molto in voga in Italia negli anni ‘50-’60 e ancora oggi in commercio.
PERSONAGGI E AVVENIMENTI: L’opera faceva parte della collezione dell’avvocato romano Francesco Paolo Ingrao che venne acquistata in toto dal Comune di Bologna nel 1985. Ingrao, che rivestì anche l’incarico di direttore generale del Ministero dei Lavori Pubblici, era infatti uno dei più affezionati e appassionati collezionisti delle opere di Morandi e tra il 1946 e il 1963 ne acquistò diverse, tra queste 21 tele sono appunto quelle oggi conservate nel museo bolognese. Ingrao morto nel 1999 a Cagliari ha poi donato il resto della sua collezione d’arte contemporanea alla Galleria Comunale d’Arte della città sarda insieme a 3 olii, 9 disegni di Morandi e alla corrispondenza scambiata negli anni con l’artista bolognese.

NATURA MORTA, 1963 (V.1323) olio su tela
dal 14 novembre 2024 al 2 marzo 2025 l'opera è in prestito alla mostra "Giacometti Morandi. Moment immobiles" all'Institut Giacometti a Parigi
È il 1963. Sappiamo che di lì a pochi mesi Morandi sarebbe scomparso e quest’opera è quasi certamente l’ultima da lui dipinta nella sua casa a Grizzana. Da che cosa lo deduciamo? Semplice, gli oggetti presi a modello si trovano tuttora sopra un ripiano nello studio della sua casa di montagna. Gli elementi della composizione sono 4: 3 vasi e una piccola ampolla dalla superficie rugosa, probabilmente una pasta di vetro romana, antica. Il fondo e il piano, dove questi poggiano, sono di un color sabbia uniforme, interrotti solo da alcune striature di colore, di un tono leggermente più scuro. Gli oggetti sembrano sagome ritagliate che si sovrappongono l’una all’altra, serrate in un blocco compatto. Alla base di tutto questo vi è un accorgimento percettivo secondo cui una figura parzialmente coperta da un’altra viene percepita come forma compiuta, perché l’immaginazione di chi guarda tende naturalmente a completare l’immagine. Le 3 forme bianche in primo piano si stagliano come in negativo sull’oggetto bruno, creando una sorta di “tarsia bidimensionale” che annulla qualsiasi riferimento prospettico. 
PER SAPERNE DI PIÙ: Il fenomeno percettivo a cui si accennava rientra a pieno titolo nella psicologia della Gestalt e specificatamente nel cosiddetto “completamento amodale”, di cui Gaetano Kanisza fu uno dei massimi teorici. Una composizione analoga a quella che avete davanti agli occhi si ritrova anche in un acquerello, sempre del 1963, di collezione privata e in 5 disegni, tutti dello stesso anno, tra i quali ve ne è uno che si conserva in questo museo; in alcuni casi è sparita la piccola ampolla romana, in altri si alternano il vaso “rigonfio” e quello dai bordi dorati.
PERSONAGGI E AVVENIMENTI: Il pendant della Natura morta qui presente, catalogata da Lamberto Vitali con il n. 1323, faceva parte dell’importante collezione venezuelana dei coniugi José e Beatriz Plaza (proprietari della celebre catena di alberghi che porta il loro nome), che contava 32 dipinti, 6 acquerelli, 11 disegni e 27 acqueforti. La coppia ebbe casa a Firenze e ciò offrì loro la possibilità di viaggiare frequentemente in tutta Italia. Fu grazie al poeta fiorentino Piero Bigongiari che conobbero Morandi e frequentarono la sua casa. La loro esemplare raccolta venne dispersa nel 1997 e una di queste opere, un paesaggio del 1942, si trova in deposito presso questo museo dal 1998 grazie alla disponibilità dell’editore Zanichelli.
NATURA MORTA, 1964 (V. 1342) olio su tela 
NATURA MORTA, 1964 (T.P.1964/3) matita su carta
È l'ultima natura morta rimasta sul cavalletto alla morte dell'artista. Vi compaiono alcuni degli oggetti che ricorrono più frequentemente nelle composizioni morandiane. Al centro di questa tela vi è un oggetto piuttosto singolare, dall'apparenza tozza e massiccia. Si tratta di un recipiente ottenuto dalla saldatura di un imbuto rovesciato a un cilindro metallico. Questo strano contenitore Morandi stesso se lo fece costruire e lo riprodusse, più e più volte, fino alla fine della sua vita. In primo piano, invece, compare un oggetto di forma rotondeggiante solcato da scanalature. Si tratta probabilmente di un frammento di un giocattolo in celluloide che l’artista ricopriva di colore, variandone l'aspetto in relazione alla tela in quel momento presente sul cavalletto. Infine, vi è un contenitore in latta a forma di perfetto parallelepipedo su cui si intravedono ancora le pennellate di colore bianco tracciate da Morandi sulla superficie metallica. I 3 oggetti si conservano su un ripiano dello studio di via Fondazza, nell’originaria disposizione in cui Morandi li ha lasciati. 
PER SAPERNE DI PIÙ: Esistono 3 disegni in cui Morandi riprende la medesima composizione di oggetti presente in questo dipinto, variando seppur leggermente la posizione della pallina. L’artista ha definito le 3 forme con un segno quasi continuo, interrompendolo soltanto dove giunge la luce che, smangiando i contorni, li annulla rendendoli impercettibili all’occhio. Un tratto più marcato ed evidente sottolinea invece le ombre degli oggetti sul piano.
PERSONAGGI E AVVENIMENTI: La tela, catalogata da Lamberto Vitali con il n. 1342, è firmata, ma ciò non significa finita. Morandi avrebbe potuto intervenire sulla tela giorni, mesi o anni dopo, come spesso era solito fare, ma questa volta non lo sapremo mai. Siamo solo tristemente consapevoli che, come scrisse Roberto Longhi, il giorno dopo la scomparsa dell’artista: “Non vi saranno altri, nuovi dipinti di Morandi: questo è, per me, il pensiero più straziante. E tanto più se ricordo quel che, ancora pochi giorni fa, egli mi diceva: “Se sapesse, caro Longhi, quanta voglia ho di lavorare […] ho delle nuove idee che vorrei svolgere”.