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Nel primo anno è mia cura esercitare gli alunni nella preparazione di disegni adatti ad essere incisi; faccio eseguire qualche copia da incisori antichi e limito l'insegnamento all'acqua-forte eseguita a puro segno. 
Nel secondo anno, dando sempre la maggiore importanza a questo genere d'incisione, faccio pure eseguire qualche stampa a vernice molle, a punta secca, ed a soli punti.
Insisto maggiormente sull'incisione a puro segno perchè è stata una delle tecniche tradizionali dell'incisione classica italiana.
Bologna, 2 ott.1935                                                                                                                                                                                                                                                            Giorgio Morandi


Dal 1930 Morandi oltrepassò il portone dell'Accademia di Belle Arti un paio di giorni a settimana per raggiungere la sua aula. 
Il 1 febbraio 1930, infatti, aveva ottenuto “per chiara fama” la nomina a titolare della cattedra d’incisione succedendo ad Augusto Majani. Il corso era stato istituito il 1 febbraio 1929, come scrive lo stesso Morandi il 2 ottobre 1935 in una breve relazione sull’insegnamento della tecnica dell’incisione dove riassume i criteri didattici da lui seguiti durante i 26 anni del suo insegnamento.  
Chi ha frequentato il corso sotto la sua guida ricorda che l’artista non apprezzava procedimenti complessi e tanto meno effettismi che a suo parere nascondevano le scarse capacità disegnative e una povertà di ideazione; in altre parole Morandi riteneva che l’allievo dovesse impadronirsi della tecnica incisoria prima di consentirgli altre sperimentazioni.  A tal scopo era solito far eseguire copie dagli incisori antichi le cui stampe teneva esposte in aula "ed era contento se noi allievi", ricorda Ilario Rossi, "copiandole, ne imitavano la tecnica perfetta". Faceva parte del suo metodo didattico e a riprova di ciò non vi sono solo le testimonianze dei suoi studenti, ma esistono varie sue richieste alla Calcografia di poter ricevere delle prove di stampa di celebri artisti prevalentemente del Sei e Settecento. L’allora Direttore della celebre stamperia di Stato Carlo Alberto Petrucci, incisore anch’egli, apprezzò particolarmente la qualità dell’insegnamento morandiano (diventerà poi colui a cui Morandi affiderà la tiratura delle sue acqueforti) per cui nel marzo 1935 inviò in dono alla scuola d’incisione bolognese una ventina di fogli di autori vari.  
Ma per far apprendere la tecnica e fare conquistare una manualità corretta occorrevano strumenti giusti e di qualità. Ecco dunque motivata la richiesta di Morandi di poter avere in aula un buon torchio raccomandando la scelta di un torchio Lefranc che viene acquistato ed è tutt'ora a disposizione degli studenti.  
Per quanto riguardava, invece, il materiale indispensabile per incidere, Luciano De Vita  ricorda: “A volte le punte per l’incisione non c’erano e si facevano con l’ago, con la bacchetta e con la canna. Siccome in partenza, erano mal fatte, bisognava aggiustarle una ad una, e lui lo faceva ragazzo per ragazzo era talmente timoroso che i ragazzi si facessero male, che le lastre le preparava lui, una ad una, lui ed io insieme”.
     Tra gli allievi che frequentarono, dagli anni ’30 agli anni ’50, il corso di Morandi vi furono, nomi per noi oggi assai noti, come: Luciano Minguzzi, Pompilio Mandelli, Quinto Ghermandi, Ilario Rossi, Luciano Bertacchini, Norma Mascellani, Leone Pancaldi, e poi ancora: Vasco Bendini, Maria Petroni, Pirro Cuniberti, Dino Boschi, Luciano De Vita, Paolo Manaresi (che gli succederà alla cattedra d’incisione) e vi furono perfino due giovani americani come Milton Glaser, il celeberrimo designer e Janet Abramowicz, che per due anni, dopo il diploma (1952), divenne sua assistente prima che tale ruolo fosse ricoperto da Luciano De Vita. Ed è lei che nel 2008 scriveva: “Gli studenti e i colleghi chiamavano Morandi il Mago dell’Accademia. In una vasta aula buia, illuminata solamente da una lampadina, la sua alta figura teneva un mazzo di candele accese sopra la testa, perché la fuliggine dei ceri serviva a far meglio aderire la vernice alla lastra di metallo".
     Alla fine del 1956 Morandi ottenne, dopo diverse insistenze e grazie anche all’intervento di Cesare Brandi, in quanto Direttore del Regio Istituto Centrale del Restauro, il tanto desiderato pensionamento. “mi sento molto stanco”, scrive infatti il 9 giugno 1956 a Cesare Brandi, "e desidero solamente un po’ di tranquillità indispensabile al mio lavoro. Ho perciò deciso di chiedere il collocamento a riposo, usufruendo della concessione dei cinque anni di anzianità agli effetti della pensione”. Brandi si rivolge quindi al Direttore Generale della Pubblica Istruzione con queste parole: “devo sottolineare la mia piena comprensione per la volontà espressa da Morandi. Egli ha dato alla scuola moltissimo: ma un artista della sua levatura il meglio lo raccoglie ormai fuori della scuola. E a 65 anni compiuti un artista che ha sempre tenuto altissimo magistero, ha il diritto di continuare il suo magistero dal podio, ben più alto di quello di un’Accademia, che da sé si è conquistato”.

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