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È soltanto in età matura che Morandi si dedica, con inusitata frequenza, alla tecnica dell'acquerello riservandogli un'attenzione particolare. Si tratta in realtà di un ritorno ad un linguaggio a cui si era accostato già negli anni Dieci per poi sperimentarlo in seguito, ma solo saltuariamente.
I primi tre tentativi risalgono al 1915 a cui seguono, nel 1918, due composizioni con Bagnanti, una figura femminile, un Cactus e dei Fiori; si tratta di prove, di veri e propri esercizi di stile in cui risuona chiaramente l'eco della sua formazione cézanniana. Del resto è di solo pochi anni prima la seconda secessione romana, dove Morandi ebbe modo di ammirare un'intera parete di fogli acquerellati dal maestro di Aix, traendone forse lo stimolo originario ad intraprendere anche lui questo tipo di ricerca.
Se negli anni Trenta e Quaranta gli acquerelli sono pochi e rari, è durante gli ultimi anni, che fioriscono e si moltiplicano sostituendo, quasi in una sorta di passaggio del testimone, i fogli incisi all'acquaforte. Dal 1956 al 1963 Morandi ne realizza ben 278. In quelle bianche carte di Fabriano, dalla grana leggermente rugosa, la mano di Morandi insegue e sorveglia minuziosamente l'andamento di ogni minima goccia di colore quando si spande nell'acqua, fino a giungere ad una lieve velatura di pigmento che definisce lo scheletro eroso degli oggetti e nei paesaggi costruisce sagome impalpabili come plasmate dal vento.
"Candide forme, tralucenti oggetti" recita un verso di Diego Valeri dedicato ad una natura morta morandiana dipinta all'acquerello e al candore di quelle forme, di quegli oggetti imbevuti di luce sembra corrispondere una loro esistenza fuori dal tempo che deborda dal quotidiano per interessare gli spazi dell'anima. Resta vivo l'interesse dell'artista per un'organica costruzione della forma nella profondità illusiva del foglio, il cui biancore è anch'esso luce e volume e dove il colore, giovandosi di sorvegliati trapassi di densità, designa, al limite dell'astrazione, un'estrema distribuzione spaziale e una dialettica fra pieni e vuoti, luce e ombra, figura e sfondo, pieno e vuoto.
Negli acquerelli dunque, così come nei coevi dipinti scarni di materia e negli ultimi rarefatti disegni, Morandi sembra aver toccato il fondo sperimentando quella che egli stesso definisce "l'essenza delle cose".
Per saperne di più
NATURA MORTA, 1962 (P. 1962/4) acquerello su carta
A partire dal 1956, quando lascia l’insegnamento dell’incisione all’Accademia di Belle Arti di Bologna, Morandi comincia a dedicarsi più intensamente alla tecnica dell’acquerello, con la quale ottiene interessanti effetti di trasparenza e dissolvenza. Questa pratica risulta, infatti, congeniale agli sviluppi della sua ricerca tra forma, luce e colore. Ciò che più colpisce in questa composizione ormai al limite dell’astrazione, è la scansione in zone positivo-negativo, l’impronta lasciata dalle cose scambiando i pieni con i vuoti. Sia il piano che il bordo del tavolo sono riconoscibili soltanto da una doppia striscia bianca, così come gli oggetti ci appaiono ormai solo come sagome incorporee. Il tutto, però, è sempre avvolto e intriso di luce pura, quella luce che è anima dell’arte morandiana.
PER SAPERNE DI PIÙ: Ancora una volta Morandi guarda a Cézanne. Come il maestro francese infatti, si dedica all’acquerello in tarda età, forse anche suggestionato dall’aver visto dal vero le sue opere in una grande mostra a Zurigo, dove si reca proprio nell’autunno del 1956.
PERSONAGGI E AVVENIMENTI: l’opera è entrata a far parte della collezione del museo grazie alla donazione di Maria Teresa Morandi al Comune di Bologna nell’ottobre 1991.
MATERIALI EXTRA: il catalogo generale degli acquerelli di Morandi, pubblicato da Electa nel 1991 e curato da Marilena Pasquali, conta un totale di 257 fogli, ai quali vanno aggiunti 58 acquerelli catalogati in un secondo momento e pubblicati nel volume di aggiornamento uscito nel 2016, sempre a cura di Marilena Pasquali.
NATURA MORTA, 1962 (P. 1962/20) acquerello su carta
A partire dal 1956, Morandi si dedica intensamente alla tecnica dell’acquerello che si rivela funzionale alla ricerca estetica da lui condotta negli ultimi anni, quando gli stessi vocaboli vengono riproposti con un linguaggio sempre più rarefatto e ai limiti dell’astrazione. In questa natura morta si assiste a una drastica semplificazione delle forme degli oggetti, quasi irriconoscibili e raggruppati al centro dello spazio in modo serrato, senza aria come se lo spazio non fosse più tra di loro, ma intorno a loro. La mancanza del piano d’appoggio, neppur minimamente accennato, fa sì che la teiera e le ciotole in primo piano sembrino fluttuare nello spazio come fossero anime, presenze fantasmagoriche ed evanescenti che, tuttavia, non tradiscono mai la verità da cui provengono, il pensiero dominante che li ha generati.
PER SAPERNE DI PIÙ: La teiera riprodotta, oggi conservata nello studio dell’artista nella sua casa a Grizzana,è uno dei pochi oggetti di valore che Morandi ha utilizzato come modello per le sue composizioni. Fa parte, infatti, di un servizio che Napoleone aveva regalato ai conti Pepoli di Bologna. Morandi l’aveva ricevuta in dono proprio dal conte Carlino, consapevole dell’amore di Morandi per le forme e gli oggetti di una certa bellezza. L’artista apprezzò subito il dono per la sua luce e per la sua forma compatta.
PERSONAGGI E AVVENIMENTI: A partire dal 1956, anno in cui Morandi termina la sua attività di Professore di Tecniche di Incisione presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, l’artista abbandona l’incisione per sopraggiunti problemi alla vista, in favore dell’acquerello.