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Giambattista Martini, padre francescano bolognese divenne noto in tutta Europa come fecondo compositore, insigne teorico ed eccelso didatta della musica. Dotato di grande cultura, si dedicò anche allo studio della matematica e dell'acustica e in campo musicale fu una delle figure più autorevoli del Settecento.
Nato a Bologna il 24 aprile 1706 per la sua formazione venne affidato alle cure di Giambattista Croci, da cui fu avviato all’aritmetica e alla grammatica; l’istruzione religiosa spettò invece alla Congregazione dell’Oratorio di S. Filippo Neri. Avviato sin da giovanissimo alla musica dal padre violinista, Antonio Maria Martini, si perfezionò in canto sotto la guida di Francesco Antonio Pistocchi e studiò contrappunto con tre insigni maestri, ricordati con affetto nelle pagine del suo Esemplare: Angelo Predieri, Giovanni Antonio Riccieri e Giacomo Antonio Perti.
Nel 1729 fu ordinato sacerdote e rimase presso il convento di San Francesco quasi tutta la sua vita, si allontanò da Bologna solo in poche circostanze, in cui venne chiamato a dirigere musiche di sua composizione.
Nel dicembre 1758 venne aggregato all’Accademia dell’Istituto delle scienze nonché all’Accademia Filarmonica di Bologna – nonostante la prassi non vi avesse mai ammesso i religiosi regolari –, divenendone tre anni più tardi anche «definitore perpetuo» (ossia arbitro di questioni musicali). Nel 1776 fu accolto in Arcadia, ove assunse il nome di Aristosseno Anfioneo. Dal 1780, infine, figurò anche negli almanacchi della corte di Modena tra gli accademici filarmonici ducali.
La vita appartata e il carattere schivo e riservato non impedirono a Martini di divenire un’auctoritas indiscussa, ammirata per «la sua cultura e le sue conoscenze»: la sua dottrina, acquisita nell’attività di storiografo, didatta e compositore, fu di esempio per moltissimi che in diversi Paesi d’Europa a lui si rivolsero per dirimere controversie, perfezionare la tecnica musicale e confrontare il sapere. Numerosi furono coloro che fecero tappa a Bologna per conoscerlo o per ascoltarne le composizioni: tra gli altri lo storico inglese Charles Burney che, nei primi anni Settanta, soggiornò nella città emiliana in occasione di uno dei suoi «viaggi musicali» sul continente.
Il sapere e le doti umane di padre Martini si coniugavano in maniera esemplare nell’attività didattica, che egli svolse per quasi dieci lustri nel convento bolognese. Accanto a Jommelli, J.Chr. Bach e W.A. Mozart, furono suoi allievi numerosi altri musicisti provenienti da molti Paesi d’Europa.
Per alcuni, che soggiornavano a Bologna per qualche settimana, studiare con padre Martini era anzitutto la chiave di volta per ottenere la patente filarmonica – un riconoscimento ufficiale, da esibire nel curriculum, rilasciato dalla illustre istituzione che da circa un secolo regolava la vita musicale della città –, mentre altri si trattenevano per anni e sotto la sua guida imparavano tutti i segreti del mestiere. Per tale attività non percepiva compensi; di qui la gratitudine degli allievi, che sovente mantenevano i contatti con il maestro anche dopo aver concluso il loro periodo di studi.
Il catalogo degli scritti di Martini comprende numerose opere d’interesse storico e teorico.
Il testo cui da sempre è legata la sua fama di erudito è la Storia della musica (tomo I datato 1757 con dedica a Maria Barbara di Braganza, moglie di Ferdinando VI re di Spagna: a partire da quest’opera il M. siglò un contratto di stampa in esclusiva con l’editore Dalla Volpe; tomo II 1770, con dedica a Carlo Teodoro di Baviera; tomo III 1781, con dedica a Ferdinando I di Borbone duca di Parma). Secondo il progetto iniziale, la trattazione doveva ripartirsi in cinque tomi, dalla musica ebraica alla musica figurata ma la pubblicazione si interruppe con la sua scomparsa avvenuta il 3 agosto 1784: del tomo IV restano soltanto gli abbozzi, dedicati alla musica etrusca e romana, alla musica liturgica e alla nascita e allo sviluppo del contrappunto sino agli inizi del XV secolo.
L’attività di teorico svolta da padre Martini appare in termini assai plastici dall’Esemplare, o sia Saggio fondamentale pratico di contrappunto, in due tomi rispettivamente dedicati al contrappunto su canto fermo e fugato, concepiti allo scopo d’illustrare le competenze necessarie per essere accolti nell’Accademia Filarmonica, dopo che l’entrata in vigore delle nuove leggi nel 1773, promosse dal Martini stesso, aveva reso la prova d’esame più complessa e selettiva.
L’imponente catalogo delle sue musiche perlopiù composte per la basilica di S. Francesco e in gran parte rimaste manoscritte è stato stimato in oltre 700 pezzi sacri (tra messe, parti di messa, pezzi per l’ufficio e mottetti concertati o a cappella), oltre a un migliaio di canoni, solfeggi a voce sola e a più voci, 32 cantate, 22 arie e numerosi duetti e terzetti, 5 intermezzi e altre musiche di scena, 5 oratori, oltre a un centinaio di sonate per strumenti da tasto, 24 sinfonie, una dozzina di concerti, e moltissima altra musica strumentale.
Ma il suo più ragguardevole lascito, il cui valore va ben oltre il mero interesse documentario, è rappresentato dalla ricchissima collezione libraria, che già nel secolo XVIII suscitava l’ammirazione di molti. Se ne legga l’entusiastica descrizione fornita da Burney, secondo cui i manoscritti del M. «occupano da soli tutta una stanza; altre due stanze ospitano i libri a stampa, di cui egli possiede tutte le edizioni disponibili; una quarta è dedicata ai libri di musica pratica, di cui conserva una simil prodigiosa quantità di manoscritti. Si può calcolare che la sua collezione raggiunga i 17.000 volumi, e la sta tuttora incrementando con nuovi arrivi da tutte le parti del mondo».
Elisabetta Pasquini