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Una delle scene più iconiche del “Barbiere di Siviglia” (tanto di quello di Rossini quanto di quello, anche se meno noto, di Paisiello) è la serenata che il Conte d’Almaviva intona, accompagnandosi con lo strumento, sotto al balcone dell’amata Rosina (tenuta nascosta in casa da Don Bartolo).
Nella versione musicata da Paisiello la melodia della serenata è scritta assieme ad una parte obbligata di mandolino, divenuta celebre più recentemente per l’utilizzo che ne fece Stanley Kubrick nel film Barry Lindon. È per questo che in vetrina, sopra alla partitura ed ai libretti originali, trovate alcuni bellissimi mandolini.
Se tutto il mondo associa questo strumento, giustamente, a Napoli, è per via dei celebri liutai che nel ‘700 perfezionarono al massimo le tecniche di costruzione di questo strumento. Ma non tutti sanno che in realtà lo strumento è nato un secolo prima e, prima di diffondersi nel meridione, troviamo sue tracce nelle zone fra Brescia e Cremona. Chiunque può riconoscerne le differenze: i mandolini bresciani/cremonesi hanno una forma decisamente più simile agli antenati “liuti” (come quelli che avete visto in sala 5), mentre quelli napoletani, divenuti poi iconici, hanno un buco più grande, le corde di ferro, e dunque il corpo angolato per reggere una maggiore tensione delle corde. Il tutto conferisce allo strumento un suono decisamente più penetrante e peculiare. Riconoscete, fra quelli esposti, quello napoletano?
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