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Artusi Gio. Maria
Discorso Secondo Musicale di Antonio Braccino da Todi Per la dichiaratione della lettera posta ne' Scherzi Musicali del Sig. Claudio Monteuerde. In Venetia, appresso Giacomo Vincenti, 1608, in 4.

L'origine della polemica passata fra l'Artusi e il Monteverdi si apprende dallo squarcio a pag. 6 del precitato Discorso. Gio. Maria Artusi attaccò il Monteverdi per la sua nuova maniera di comporre nelle Imperfettioni della moderna musica, Ragionamento Secondo. Il buon Claudio tardò gran pezza se non a risentirsene, almeno a dimostrarlo colle stampe: ma finalmente diè pur fuori una breve lettera nel Quinto Libro de' suoi Madrigali a 5 voci che in qualche guisa giustificava le sue innovazioni, dall' Artusi oppugnate già tanto tempo addietro. Tornò in campo di nuovo l'Artusi sforzandosi di far comparir quella Lettera del Monteverdi per una chimera e per una vanità in un Discorso da lui dato alle stampe. Noi non abbiam mai veduto tale scritto dell'Artusi; ma è indubbia la sua esistenza, così trovandosi nel bel principio della Dichiarazione della lettera ecc. pubblicata dal fratello di Claudio Monteverdi nel fine degli Scherzi musicali a 3 voci d'esso Claudio. La predetta Dichiarazione fu appunto pubblicata per ribattere il Discorso che Artusi diè a stampa col finto nome d'Antonio Braccino. E con questo medesimo nome comparve poscia il Discorso Secondo qui citato, che in sostanza altro non è che una risposta, o critica che dir si voglia, alla Dichiaratione di Giulio Cesare Monteverdi. L'opuscolo qui descritto è di otto sole carte. Dalla penna di questo autore uscirono due scritti mordaci, l'uno contro il Dialogo, l'altro contro il Discorso di Vincenzo Galilei che a quanto pare videro la luce per le stampe, ma che nessuno finora conobbe e rimarrebbero pur anche ignorati se per caso non ne trovavo una minuta descrizione a pag. 119 dell'inedita Aletelogia o Lettera apologetica del cav. Ercole Bottrigari in risposta agli attacchi scagliatigli da Gio. Maria Artusi nelle sue Considerazioni musicali. Di questi due scritti darò contezza servendomi letteralmente delle parole del Bottrigari che prendo a riferire alquanto di lontano dal presente proposito per renderne più chiara l'intelligenza. Ecco il brano in discorso: «Hora non parendo a questo USARTI (Artusi), Aristarco moderno di auere intieramente sodisfatto a se stesso, alla insita sua malignità, riepiloga il già calunniosamente detto con nuove maledicentie nella seguente 15ª sua Inconsiderazione, alla quale Ei dà questo principio: «Et perche parmi hormai tempo di dar fine a questo libro di Consideratione, sarà questa l'ultima, nella quale raccogliendo alcune cose che spropositi ragionevolmente si possono addimandare, le andrò toccando, non tutte, ma quelle che mi paiono al proposito per il Lettore auuertito. Volendo di poi riuoltare la penna altroue, in queste bagatelle sforzatimente occupata.» Haurei certamente creduto ch'egli hauesse fatto meglio et con maggior sua riputatione a non hauere scritto quel tutto ch'egli ha sin ad hora scritto e publicato per le stampe; imperochè egli hauendo creduto di acquistarsi honore scriuendo e publicando i suoi scritti, ha perduto affatto quella stima e presuntione del suo sapere, nella quale altri facilmente haurebbe potuto lui tenere. Et maggiormente che egli stesso a ciò dà nome di Bagatelle; nelle quali dice di hauer tenuto sforzatamente la penna occupata. Ma chi fatto a lui ha questa forza, questa violenza ? Non altri veramente che la sua propria e naturale complessione maledica e maligna che del continuo gl'inquieta e perturba lo animo, non li concedendo riposo se non quanto egli o con fatti o con detti disturba et molesta chi del riposo et della quiete si compiace. E come credete voi, benigni e sinceri Lettori, che sia poi questo moderno Aristarco per uolger la sua penna, che occupata hora in queste malediche Bagatelle dice di volere riuoltare altroue? Non altroue v'imaginaste che in qualche scrittura simile ad una sua lettera titolata apologetica del Burla Academico Burlesco al R. D. Vincentio Spada da Faenza. Ouero ad un'altra sua operetta con non breue iscrittione, et con chiosa assai ben lunga tale: «Giudicio musicale del Sig. Cabalao nobile di Pocceia, Accademico Infarinato, intorno alle Differenze nate fra il dottissimo Zarlino et il Sig. Dottore Vincenzo Galilei nobile Fiorentino, Mathematico, Musico teorico pratico, sonatore di Leuto, et Mastro da Scola; nel quale si scuoprono molte impertinenze, sogni, chimere musicali, dette nel Discorso ultimamente dato in luce.» Et la lettera precedente a questo Giudicio dirizzata ad esso Galileo sotto la data del dì 8 di Aprile 1590 comincia così: «Poichè non sete restato sodisfatto della Correttione fatta al vostro non vostro Dialogo della Musica antica et moderna, ma molto più pertinace sete uscito nella scena con tanti spropositi, sogni, chimere et fantasmi di prima in forma di nuovo Gratiano, et andate cercando che 'l mondo con nuoue impertinenze vi scuopra a fatto a fatto per ignorante, ostinato e malitioso, con contento, etc.» Le parole poi del fine di esso Giudicio intitolato così: Trattato apologetico in difesa dell'opere del R.do Zarlino da Chioggia il quale comincia Mentre che questi Signori Academici erano ragunati per alcuni affari, etc. sono queste: «L'Arte adunque ha imparato dalla Natura et ha quella per duce in tutte le sue operationi, et non ha la Natura l'Arte. Et è somma pazzia la vostra, Sig. Dottore, il dire et lo credere al contrario.» Et il principio di essa Lettera apologetica è questo «che domine è quello che costì di voi si sente ? che hauete voi fatto ? un bisbiglio, un fracasso, un romore tanto grande, che m' ha per amor vostro hormai leuato il cervello da luoco a luoco, etc.» Il fine poi di quella è tale: «Imitate nell'opre vostre Adriano, Cipriano, il Merulo, il Porta che sono autori della buona scola approbati, lasciate le bagattelle d'alcuni Moderni, et attaccateui a un stile che sia purgato, che a guisa di un Cicerone, d'un Tito Liuio, d'un altro Cesare vi acquistarete un credito incredibile; ma fra tanto che state inuolto nell'ignoranza, et che ve ne viuete senza pensiero di passare più oltre nella intelligenza delle cose, credete a me che gitate il tempo a pigliar cocodrilli; et assicurateui che a pena hanno le vostre labbra tocco le acque del fonte di Parnaso. Horsu, vi lascio a Dio. Della nostra cancelleria, il 14 Gennaio 1588.» Tale finalmente è la sua soscrittione «Vostro cordialissimo amico, Il Burla.» Per vero dire le parole surriferite della lettera apologetica non ne assicurano che lo scritto sia contro del Galilei; ma nemmeno possono riferirsi al Monteverdi. Ad ogni modo è evidente che l'Artusi scrisse contro del Galilei anteriormente al Giudicio Musicale scagliatogli addosso nel 1590, posciachè lo accertano quelle parole «poichè non sete restato sodisfatto della correttione fatta al vostro non vostro Dialogo della Musica antica et moderna.» Siccome poi la Lettera apologetica del Burla e di due anni anteriore così può aver luogo la conghiettura che essa pure fusse diretta allo stesso Galilei. Avverandosi l'ipotesi, lo scritto sotto il nome del Burla sarebbe riferibile al Dialogo della musica antica e moderna; e l'altro col nome di Cabalao parrebbe la confutazione del Discorso del medesimo Galilei intorno alle opere di Gioseffo Zarlino.

Nomi: Artusi, Giovanni Maria: CRL, a.s. Enea.

Editori: Vincenti, Giacomo.

Riferimenti bibliografici

Catalogo della Biblioteca del Liceo Musicale di Bologna: I, pp. 66-67

RISM : B/VI, p. 100c

Antiche collocazioni: 0272 (catalogo Sarti, circa 1840)

ID: 688 Segnalazioni (errori nella scheda, suggerimenti bibliografici ecc.)

LEGENDA
[] Integrazioni a cura del Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna
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{} Integrazioni tratte dalle schede manoscritte di G. Gaspari
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