L'idea della musica

Sala 4

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Se è vero che il canto degli uccelli e il ruggito del leone sono suoni di natura… non altrettanto si può dire delle note prodotte da un clavicembalo o da una viola da gamba.

Chi ha stabilito, dunque, come sia fatta una scala musicale e quale sia l’altezza "giusta" delle note? Chi ha calcolato quali debbano essere le lunghezze esatte delle corde (o dei tubi) degli strumenti musicali? Chi ha dichiarato quali siano i suoni che combinati fra loro producono consonanze perfette? Sono domande tutt’altro che scontate e - ben prima che la musica venisse considerarta dal punto di vista “emozionale” e “sensibile” - per arrivare a codificare qualcosa di così impalpabile come la musica ci sono voluti secoli e secoli di speculazioni da parte di filosofi, scienziati, inventori, matematici, compositori, teorici. Osservate i loro ritratti… gli strumenti musicali non sono praticamente mai presenti, oppure sono posti in secondo piano: la nostra attenzione è piuttosto attirata dai loro compassi intenti a disegnare cerchi attorno a pentagrammi.

La sala 4 è dunque dedicata ai più importanti trattati dei teorici musicali che lavorarono fra il ‘400 ed il ‘600. Primo tra tutti la Theorica musice (1492) di Franchino Gaffurio, che fu il testimone più autorevole dell’evento che a metà Quattrocento rivoluzionò la cultura musicale europea: la riscoperta delle fonti musicali greche e tardo-latine. Gaffurio fu infatti il primo “umanista musicale” a studiare i codici musicali greci ignoti alla cultura medievale.

Sull’onda di queste riscoperte vi furono dunque teorici che si occuparono specificatamente di suoni, proporzioni e accordature: Gaffurio che studia Pitagora (provate ad aprire il cassetto...), Zarlino che scopre alcuni errori nella teoria pitagorica e cerca di porvi rimedio (Istitutioni Harmoniche, 1558), Cartesio che si occupa di musica proprio nel suo primo trattato (Musicae compendium, 1683), e molti altri. Teorici come Mersenne e Kircher invece, partendo dal pensiero del filosofo romano Boezio, ricercarono nei suoni l’immagine del cosmo: l’armonia universale.

La maggiore importanza che in quel periodo veniva data alla musica “teorica” rispetto a quella “pratica” è testimoniata evidentemente dall’esistenza del Clavemusicum omnitonum, un esemplare unico al mondo. Realizzato da Vito Trasuntino nel 1606 su esplicita richiesta del duca di Novellara – e sulla base del progetto di Nicola Vicentino esposto in vetrina - il Clavemusicum è uno strumento a tastiera con 125 tasti (quasi 40 in più rispetto ad un moderno pianoforte) organizzati su ben cinque file. Lo strumento contiene dunque tutte le note possibili contemplate dalle differenti teorie musicali che convivevano in quel periodo, ma è talmente perfetto… da essere impossibile da suonare dalle mani umane.

Nel frattempo la società stava cambiando e la musica “pratica”, che da tutti questi illustri pensatori viene posta su un livello inferiore rispetto a quella “teorica”, prende nuove forme e nuove strade. La parte centrale della vetrina racconta infatti quel momento di importanza epocale in cui Claudio Monteverdi, con la pubblicazione del suo Quinto libro di madrigali, giustifica l’uso espressivo delle dissonanze in musica nel momento in cui la parola e la drammaturgia musicale lo richieda. Nonostante Giovanni Maria Artusi si scagli contro questa idea nel suo Delle imperfettioni della moderna musica (1600) esposto accanto, Monteverdi continua per la propria strada segnando invece l’inizio di una nuova estetica musicale legata agli affetti e ai sentimenti, concezione che ancora influenza il nostro modo moderno di pensare e ascoltare la musica.

E per passare definitivamente dalla “teoria” alla “pratica” è necessario spostarsi nella sala più importante del museo che contiene i primi documenti a stampa musicale della storia dell’umanità, ricca di spartiti e strumenti curiosi di ogni tipo… la sala 5!

Oppure fai un approfondimento sulle decorazioni di sala 4, la sala del gabinetto.