Strumento | Vincenzo Vinaccia, Mandolino napoletano, Napoli, 1773 | ||
Inventario | 1823 | ||
Rif. Catalogo van der Meer | n. 111 (=pp. 113-114) | ||
Collocazione | Sala 6 | ||
Sulla faccia interna del guscio c'è un'etichetta manoscritta (non originale): Vincenzo Vinaccia fecit / in Neapoli Anno 1773.
Materiali: acero, conifera, bosso, faggio, legno d'albero da frutta, avorio, ottone. |
|||
Il guscio è composto di quindici doghe di cipresso (due doghe larghe marginali lungo la tavola, tredici più strette), separate da filetti di ebano. Anche la calotta e il bordo applicati al guscio sono di cipresso. Il guscio è coperto sulla faccia interna di carta colorata, sulla quale è incollata l'etichetta menzionata sopra.
La tavola è di conifera in un solo pezzo con un filetto di avorio lungo il bordo, e ha una piega sotto il ponticello. Ci sono tre catene di conifera, due tra la giuntura col manico e il foro di risonanza, e una alla piega. La tavola è continuata sul manico sino allo spazio tra l'ottavo e nono tasto. Su questa continuazione della tavola, come pure all'estremità inferiore di essa ci sono intarsi di madreperla entro stucco rosso. Nella tavola c'è un foro di risonanza, in origine probabilmente con una rosetta, ora mancante. Intorno al foro di risonanza si trova, tra due filetti di avorio, una striscia con intarsi di madreperla entro stucco rosso. Con un piatto protettore di tartaruga, con un filetto di avorio attorno, si evita che la tavola venga danneggiata dal plettro. Il manico è coperto di dietro di strisce longitudinali, nove di palissandro e dieci di avorio. La tastiera è piatta ed è di tartaruga con una striscia di avorio su entrambi i bordi lunghi. Come s'è già detto, la tavola continua sino allo spazio tra l'ottavo e il nono tasto. Da entrambi i lati di questa continuazione ci sono baffetti. Ci sono dieci tasti di argento (il decimo tasto alla giuntura tra cassa e manico), e quattro tasti di palissandro sulla tavola. La paletta è impiallacciata di dietro e lateralmente di palissandro, davanti di tartaruga con due strisce laterali di avorio. Ci sono tre tipi di bottoncini torniti di avorio sui bordi laterali e superiore della paletta. Gli otto piroli posteriori di bosso sono del restauro fatto nel 1991. Il capotasto è di avorio. Il ponticello di ebano non è attaccato alla tavola. Le corde di metallo sono attaccate a quattro bottoncini di avorio all'estremità inferiore del guscio; un altro bottoncino dello stesso materiale si trova al centro. |
|||
Misure: lunghezza totale 546; lunghezza della cassa 311; distanza tra la giuntura tra cassa e manico e il centro del foro di risonanza 90, la piega nella tavola (col ponticello e la catena inferiore) 208, le catene superiori 50 e 135; larghezza massima 191 (all'altezza della piega nella tavola); altezza della cassa 135; diametro del foro di risonanza 57; lunghezza del manico 152; larghezza del manico 28,5-38; lunghezza della paletta 120; larghezza del ponticello 5; altezza del ponticello 4; lunghezza vibrante delle corde 350.
Accordatura: quattro ordini doppi in Sol2 - Re3 - La3 – Mi4. Restauro: questo mandolino napoletano fu sottoposto a restauro nel 1991. Cenno biografico: due famiglie di liutai napoletani si occupavano soprattutto della costruzione di strumenti del tipo del mandolino napoletano: quella dei Vinaccia e quella dei Fabricatore. Se prescindiamo da Nicolo Vinaccia, la cui posizione nella dinastia dei Vinaccia non è chiara, il fondatore di questa dinastia fu Antonio I Vinaccia (attivo 1734-1781). Questi ebbe tre figli: Gennaro (attivo 1755-1778), Gaetano (attivo 1779-1821) e Mariano (attivo verso la fine del secolo XVIII). Alla terza generazione appartengono i tre figli di Gennaro Vinaccia, Antonio II (attivo 1763-1798), Giovanni (attivo 1767-1777) e Vincenzo, il costruttore dello strumento descritto sopra, poi un figlio di Gaetano Vinaccia, Pasquale (1806 - tra il 1881 e il 1885). Vincenzo Vinaccia aveva la sua bottega in Calata de l'Ospedaletto n. 20. Fu attivo tra il 1769 e il 1785 come costruttore di violini, di chitarre e soprattutto di mandolini. Le sue etichette sono sempre a stampa. L'etichetta nello strumento descritto sopra, manoscritta, è verosimilmente non originale, ma è indubbiamente una copia dell'etichetta stampata originale. Comunque, non ci sono dubbi riguardo alla paternità di questo mandolino. |
|||
Riferimenti bibliografici | |||
Documenti Relazione di restauro (G.B. Morassi, 1989-91) |