vdm103_054
Strumento   Wendelin Tieffenbrucker [in parte], Arciliuto?, Padova, 1609
Inventario   1749
Rif. Catalogo van der Meer   n. 103 (=pp. 104-105)
Collocazione   Sala 5
Sulla faccia interna del guscio c'è un etichetta a stampa: 1.6.0.9. / IN PADOVA Vvendelio Ve[nere]. (La data è manoscritta.)
Materiali: tasso, palissandro, conifera, legno d'albero da frutta, mogano, eventualmente altri legni tinti neri, ferro.
Solo il guscio di questo liuto è di Wendelin Tieffenbrucker. La tavola ed eventualmente il ponticello sono antichi, ma presi da un altro strumento, mentre la sovrastruttura risale al secolo XIX. La cassa ha una sagoma tondeggiante (lunghezza = circa 1,47 volte la larghezza massima), ma è piuttosto piatta (altezza = circa 0,45 volte la larghezza massima).
Il guscio sembra essere quello d'un liuto tenore. È composto di 45 doghe di tasso separate da filetti di legno tinto nero. La calotta è composta di cinque doghe di tasso, pure separate da filetti di legno tinto nero. Dove non si estende la calotta, c'è una doga addizionale di palissandro lungo il bordo. Lo zocchetto superiore è quello originale, e conserva ancora buchi per due chiodi con sezione quadrata, con cui il manico originale era fermato. In un'epoca abbastanza recente una travetta di legno di albero da frutta è stata messa sotto lo zocchetto originale. Per fermare la travetta, questa è stata fissata con una vite forgiata a mano. All'estremità inferiore del guscio c'è un occhiello di ferro. La tavola è antica, però non apparteneva al guscio di Wendelin Tieffenbrucker, ma ad uno strumento col guscio più grande, probabilmente ad un arciliuto. Nella tavola di conifera sono ritagliate tre rosette, una più piccola in alto, due più grandi sotto la rosetta piccolarghezza Le rosette sono tagliate su base esagonale.
L'incatenatura della tavola non è quella originale. Ora ci sono sette catene trasversali, molto approssimativamente sulla base della divisione in nove. La catena 5 attraversa la metà inferiore della rosetta superiore, la catena 4 i centri delle rosette inferiori. La rosetta superiore è rinforzata con catenine, le rosette inferiori sono rinforzate con due catene addizionali e con catenine. Prima del restauro mancavano porzioni delle catene 6 e 7 dal lato degli ordini bassi, e c'erano ancora altre catene verso l'estremità inferiore della tavola, evidentemente non originali. Tra le catene la tavola era rinforzata con squadretti, probabilmente neppure essi originali. Le catene 1, 2, 3, 5, 6 e 7 portano una numerazione in inchiostro 1, 2, 3, 4, 5 e 6. All'estremità inferiore dalla tavola ci sono una catena curva dalla parte degli ordini bassi e uno squadretto dalla parte degli acuti. Catene, catenine e squadretti sono di conifera. Che questa incatenatura non sia quella originale, traspare dal fatto che sulla faccia interna della tavola ci sono tracce di un'altra incatenatura, non più ricostruibile nei dettagli. Si vedono tracce di catene trasversali, e anche di un'altra catena curva dal lato degli ordini bassi, molto più vicino al bordo attuale della tavola, dal che si può concludere che la tavola fu in origine più grande.
Il ponticello di mogano tinto nero con baffi ha fori per 6 ordini doppi tastabili e per 8 bordoni singoli. È un ponticello da arciliuto, e potrebbe appartenere alla tavola. Se questa ipotesi è giusta, il ponticello è stato spostato in alto, perché verso l'estremità inferiore della tavola ci sono altre tracce d'un ponticello. Anche queste ultime tracce conducono alla conclusione che in origine la tavola fu più grande.
La sovrastruttura intera risale probabilmente al XIX secolo, ma non dopo il 1866. Il manico di legno tinto nero è piuttosto grossolano e troppo largo. Non c'è traccia di un'estensione della tavola sul manico. Il manico dà posto a sette legacci; quello originale ne può aver avuto otto, ma allora deve essere stato più lungo di almeno 50 mm. Il manico è piatto davanti; non c'è tastiera separata. Non c'è capotasto per gli ordini tastabili. Un pezzo di legno tinto nero col cavigliere per gli ordini tastabili e una tratta lunga è applicato dietro il manico. Il cavigliere per i bordoni, pure di legno tinto nero, senza capotasto, è applicato con una vite di dietro all'estremità superiore della tratta. Il cavigliere per gli ordini tastabili dà posto a 6 ordini doppi, quello dei bordoni a otto corde singole. I piroli di mogano hanno una testa in forma di campana con un bottoncino in cima.
Il guscio è verniciato color marrone.
Misure del guscio: lunghezza 527; larghezza massima 358 (a 167 dall’estremità inferiore); altezza 155.
Misure attuali della tavola: lunghezza 508; distanza tra l'estremità superiore e il centro della rosetta superiore 139, i centri delle rosette inferiori 197, il bordo anteriore del ponticello attuale 405, catena 7: 58, catena 6: 105, catena 5: 158, catena 4: 197, catena 3: 258, catena 2: 307, catena 1: 378; diametro della rosetta superiore 54; diametro delle rosette inferiori 71.
Misure del ponticello: larghezza 17; altezza 9.
Misure delle parti ottocentesche e con queste: lunghezza del manico 212; larghezza del manico 101-113; lunghezza del cavigliere per gli ordini tastabili con la tratta 787; distanza tra il posto per il capotasto sul manico e l'estremità superiore della tratta 766; lunghezza del cavigliere per i bordoni 220; distanza tra l'estremità superiore della tratta e quella del cavigliere per i bordoni 133; lunghezza vibrante degli ordini tastabili 635; lunghezza vibrante dei bordoni 1395 (quasi 2,2 volte quella degli ordini tastabili).
Accordatura: lo strumento contiene ancora elementi d'un arciliuto. Dato che la tavola e il guscio sono stati combinati arbitrariamente, e che tale combinazione implica la diminuzione delle misure della tavola, dato poi che non sappiamo niente sulle misure della sovrastruttura originale, è impossibile stabilire le lunghezze vibranti originali degli ordini tastabili e dei bordoni. Nello stato attuale lo strumento potrebbe esser accordato come un arciliuto sulla base di Sol1 - Fa0 - Sol0 - La0 - Si0 - Do1 - Re1 - Mi1 - Fa1 - Sol1 - Do2 - Fa2 - La2 - Re3 - Sol3.
Restauro: questo liuto fu restaurato, conservando l'aggiunta dell'Ottocento, nel laboratorio di restauro di strumenti musicali del Germanisches Nationalmuseum, Norimberga, negli anni 1979-83.
Provenienza: Liceo Musicale (n. 8).
Cenno biografico: anche Wendelin Tieffenbrucker fu membro della famiglia Tieffenbrucker proveniente dalla regione intorno a Füssen, e più esattamente dal villaggio di Tieffenbruck. Non c'è dubbio che a Padova lavorassero dei Tieffenbrucker come costruttori di liuti e di lire da gamba. Ci sono, però, incognite biografiche.
Ci sono tre tipi di etichetta. Nel primo il costruttore si chiama "Vendelinus Tieffenbrucker". (Wendelin è un nome tedesco piuttosto frequente nel meridione, etimologicamente non un diminutivo, ma indicante un rapporto coi Vandali.) Tali etichette s'incontrano solo dopo il 1559. Il secondo tipo porta la dicitura “Vvendelio Venere de Leonardo Tieffenbrucker". Qui è menzionato un Leonardo Tieffenbrucker, di cui "Vvendelio" fu "venere" (forse "genero"). Tali etichette s'incontrano dal 1551 al 1590. Nel terzo tipo il costruttore si chiama semplicemente “Vvendelio Venere”. Questa etichetta si trova in strumenti dal 1591 al 1611. Per complicare la situazione, ci sono due marchi a fuoco. Uno strumento del 1595 porta il marchio WT, mentre un certo numero di strumenti che sembrano risalire al secolo XVII (uno porta la data 1611) ha il marchio WE.
Con questi dati è impossibile arrivare a una conclusione ineccepibile. Sembra, però, che ci fossero per lo meno due costruttori: Vendelinus o Vvendelio che fu forse genero di Leonardo Tieffenbrucker, che lavorò approssimativamente sino al 1595 e che usava il marchio WT, e Vvendelio Venere - forse un figlio del primo - che lavorò dal 1591 al 1611 e che usava il marchio WE. Se questa ipotesi corrisponde ai fatti, lo strumento descritto sopra con la data 1609 proviene dalla bottega del secondo costruttore.
Riferimenti bibliografici